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Roberto bartali.it

Ottobre 2001

1 Ottobre 2001

«Mi sembra proprio lei la donna accanto al killer che ha ucciso il professor Massimo D'Antona». Il supertestimone del delitto del 20 maggio 1999, rivendicato dalle Brigate rosse-Partito comunista combattente, indica senza esitazione il volto Rita Casillo, la militante di Iniziativa comunista arrestata nel maggio scorso, per associazione sovversiva, insieme ad altri sette insospettabili. L'uomo era in via Salaria nel momento in cui i terroristi spararono, con una pistola fornita di silenziatore, al collaboratore dell'allora ministro del Lavoro Antonio Bassolino: gli investigatori gli fanno vedere una trentina di foto di donne che assomigliano alla Casillo, comprese quelle di Sabrina Natali e Barbara Battista, anche loro rinchiuse in carcere cinque mesi fa. Ma il supertestimone non ha dubbi: scarta senza esitazioni le immagini di tutte le altre. E ripete: «Ero sul marciapiede dalla parte opposta della strada, lontano una trentina di metri dal punto in cui è stato ucciso il professor D'Antona. Ma sono certo che questa donna fosse lì... ». RAPPORTI CON LE BR - Gli ufficiali dei carabinieri del Ros che hanno individuato la «cellula clandestina» di Iniziativa comunista si guardano negli occhi e tirano un sospiro di sollievo. Il riconoscimento di Rita Casillo, avvenuto un paio di mesi fa, è il primo atto concreto di una pista in cui credevano da tempo, nella quale si sono imbattuti setacciando il mondo dei presunti fiancheggiatori delle Br: «Alcuni tra gli otto arrestati - hanno sempre sostenuto gli investigatori - sono coinvolti nell'attività delle nuove Brigate rosse». L'ANELLO MANCANTE - Fino a quel momento però non era emerso un collegamento diretto tra gli esponenti di Ic e l'omicidio D'Antona. L'unico elemento di congiunzione tra Iniziativa comunista e l'eversione era stato un incontro avvenuto nella metropolita di Milano del 18 maggio del 2000 tra Luca Ricaldone (anch'esso rinchiuso in carcere cinque mesi fa) e Nicola Bortone, vecchio esponente delle Brigate rosse rifugiatosi in Francia e latitante da anni. Il resto era solo sospetto. LA SVOLTA - Il riconoscimento della Casillo (è agli arresti domiciliari dall'1 settembre e ieri ha chiesto al suo difensore «ma cos'è questa storia, mica mi faranno tornare in carcere?») ha impresso un'accelerazione all'indagine. Il procuratore aggiunto Italo Ormanni e i pm Franco Ionta, Giovanni Salvi e Pietro Saviotti hanno deciso di chiedere al gip che il supertestimone confermi durante un «incidente probatorio» che uno dei «pali» nel commando di brigatisti sia proprio la Casillo: se ciò avverrà, il riconoscimento assumerà valore di prova in un eventuale processo. Il Dna della Casillo sarà confrontato con quello rilevato sui capelli e nei mozziconi di sigaretta trovati nei due furgoni parcheggiati dai terroristi in via Salaria che sono stati utilizzati per tentare di nascondere ai passanti il luogo dell'agguato. I magistrati vogliono anche sapere dove fosse la donna la mattina del 20 maggio del '99: il suo nome verrà iscritto sul registro degli indagati per omicidio e quando sarà interrogata dovrà cercare di fornire un alibi per evitare un ulteriore ordine di custodia cautelare. LA SUPERPROCURA - Il ministro dell'Interno, Scajola ed il suo collega della Giustizia, Castelli, stanno valutando la possibilità di creare una Superprocura nazionale antiterrorismo. Molti «addetti ai lavori» sottolineano la necessità di avere un effettivo coordinamento tra i magistrati che sia in grado di produrre uno scambio continuo di informazioni. freccia rossa che punta in alto

12 Ottobre2001

ROMA - A dare retta agli avvocati, per loro è stata una vittoria schiacciante, capace di infliggere un colpo mortale all'inchiesta: ieri il testimone che aveva indicato la foto segnaletica di Rita Casillo sostenendo che era accanto al killer di Massimo D'Antona ha fatto marcia indietro, «riconoscendo» un'altra donna. Se si segue la linea della Procura, l'«incidente probatorio» non è un fiasco: la Casillo, esponente di Iniziativa comunista arrestata cinque mesi fa insieme ad altri sette compagni per associazione sovversiva, è dimagrita parecchio rispetto all'epoca in cui il testimone l'aveva accusata senza indecisioni di far parte del commando di terroristi che ha ucciso il consulente dell'allora ministro del Lavoro, Antonio Bassolino, il 20 maggio del '99. E c'è un'altra novità. Il «pool» antiterrorismo ha iscritto altri due nomi di presunti eversori della cellula clandestina di Iniziativa comunista sul registro degli indagati per banda armata e per l'omicidio D'Antona rivendicato dalle Brigate Rosse: i fratelli Norberto e Sabrina Natali, anch'essi ammanettati per le indagini dei carabinieri del Ros sul gruppo. Tutto e il contrario di tutto, dunque, per la giornata che, nelle speranze degli inquirenti, avrebbe dovuto dare la svolta decisiva all'inchiesta sul delitto D'Antona e che, invece, si è trasformata in un'altra corsa a ostacoli. Un'esperienza che al Palazzo di Giustizia ricordano bene dopo l'arresto di Alessandro Geri (il presunto telefonista delle Brigate Rosse, ancora indagato per omicidio), il balletto sui suoi alibi per la mattina dell'agguato e l'inevitabile scarcerazione. L'ultimo colpo di scena si sviluppa in tre ore: davanti al gip Otello Lupacchini sfilano cinque donne, il confronto all'americana è tesissimo. Una di loro è la Casillo: il testimone che era in via Salaria punta l'indice contro la numero «5», la Casillo è la «3». «La nostra cliente è serena, non è arrabbiata né stizzita», esultano i suoi avvocati Antonella Schirrica e Nino Marazzita. Che annunciano: «Adesso possiamo dirlo, Rita Casillo la mattina del 20 maggio del '99 stava svolgendo il suo lavoro di fisioterapista nella zona Nord di Roma, molto lontano dal luogo dell'agguato. Quel giorno ha fatto dieci visite, come confermano le attestazioni della Asl RmE: la Procura brancola nel buio - è la loro feroce critica -, sapevamo che era un attacco politico nei confronti di Iniziativa comunista». Nessuna replica dai magistrati, il Procuratore aggiunto Italo Ormanni e i pm Franco Ionta, Pietro Saviotti e Giovanni Salvi: per loro è stato il nuovo look della Casillo a far sbagliare clamorosamente il testimone. Ma a rispondere ai difensori della Casillo, ci pensa il legale della vedova D'Antona, Luca Petrucci: «La donna è dimagrita di una decina di chili rispetto a come appare nella fotosegnaletica e nei filmati dei pedinamenti del Ros». E dagli investigatori trapela un'altra verità sull'alibi della Casillo: «Ha cominciato le visite dopo le 10, al Tiburtino. Il delitto è delle 8,25: da via Salaria, in motorino, ci vogliono 10 minuti per arrivare al Tiburtino». freccia rossa che punta in alto

27 Ottobre 2001

L'ex capo dello Stato: mi chiedo cosa abbiamo fatto per quei ragazzi che pensarono di aiutare il Paese con la guerriglia. Cossiga riapre il caso Moro: la Dc avrebbe trattato «Le Brigate rosse non hanno capito che a quel punto avevano vinto. Il ricordo degli amici morti mi pesa sul cuore» ROMA - Una notizia sul caso Moro: «Se le Br non avessero ucciso Aldo Moro quel giorno la Dc avrebbe deciso di riaprire le trattative». La convinzione che dietro gli attentati contro gli Usa ci siano «almeno due Stati». Una critica al ministro degli Esteri: «Vorrei vedere Ruggiero a rischio, perché un ministro che non condivide la politica del suo presidente del Consiglio si dimette». Francesco Cossiga a tutto campo. Ospite di Radio 24 l'ex Presidente della Repubblica spazia dalla politica interna a quella estera, ripesca nella memoria ricordi significativi. Su Moro la rivelazione che la Dc stava per riaprire il dialogo con i brigatisti: «Le Br non hanno capito che avevano vinto». E una riflessione amara, pensando agli amici morti: «Mi pesano nel cuore. Ma debbo chiedermi cosa abbiamo fatto per quei ragazzi che hanno pensato di aiutare il loro Paese dandosi alla guerriglia». freccia rossa che punta in alto

by abrapalabra