L'inizio della fine: le BR dal 1978 al 1987
Il sequestro di Aldo Moro si conclude il 9 maggio 1978, con il ritrovamento del corpo dell'onorevole Aldo Moro in via Caetani, a Roma. Il 21 giugno 1978, a Genova, le BR colpiscono mortalmente Antonio Esposito, funzionario dell'Antiterrorismo. Questa azione coincide con l'entrata in camera di consiglio dei giudici del processone di Torino, che si conclude il 23 giugno. Tra ottobre e dicembre del 1978, le BR continuano la campagna contro il trattamento carcerario dei prigionieri. Vengono colpiti mortalmente: Girolamo Tartaglione, direttore generale degli affari penali del ministero della Giustizia (Roma 10-10-78); Salvatore Lanza e Salvatore Porceddu, agenti di polizia addetti alla sorveglianza esterna del carcere Le Nuove (Torino 15-10-78).
Per tutto il 1978 la presenza delle BR nelle grandi fabbriche di Torino, Milano, Genova e del Veneto è scandita da diverse azioni contro le gerarchie ed i dirigenti industriali. Nel corso di questa campagna viene ucciso Pietro Coggiola, capofficina Fiat (Torino 28-9-78). L'azione contro di lui, nelle intenzioni dell'organizzazione, doveva essere solo un ferimento. È invece intenzionale l'attentato mortale contro Sergio Gori, a Mestre, il 19 gennaio 1980, che di fatto sarà l'ultima azione BR inserita in questo contesto.
Il 24 gennaio 1979, a Genova, avviene un fatto di importanza storica: il sindacalista della CGIL, Guido Rossa, ritenuto responsabile dell'arresto dell'operaio dell'Italsider Francesco Berardi (24-10-78), viene colpito mortalmente. Nella rivendicazione, le BR rendono noto che questa azione era stata concepita come ferimento intenzionale. L'assassinio di un sindacalista marca ancor più decisamente un inesorabile declino. Nel gennaio 1979 escono dalle BR sette militanti, tra cui Valerio Morucci ed Adriana Faranda, della colonna romana. Le loro posizioni vengono esposte nel documento: "Fase: passato, presente e futuro", Roma, febbraio 1979. Essi confluiranno nel Movimento Comunista Rivoluzionario. Nei primi mesi del 1979, a Roma, vengono effettuati due interventi contro la Democrazia Cristiana: viene colpito mortalmente il consigliere provinciale Italo Schettini, il 29 marzo 1979; viene attaccata la sede della DC di Piazza Nicosia, dove perdono la vita, intervenendo di pattuglia, gli agenti Antonio Mea e Pietro Ollanu, il 3 maggio 1979.
Nel corso dell'estate dello stesso anno, le Brigate Rosse allacciano relazioni in Sardegna anche al fine di sostenere un'eventuale evasione dall'Asinara dei suoi militanti ivi incarcerati, e di costruire una nuova colonna.Nel luglio 1979, i detenuti BR del carcere speciale dell'Asinara fanno pervenire all'Esecutivo dell'organizzazione un documento di 130 pagine in cui vengono esposte le tesi politiche che, secondo la loro opinione, dovrebbero indirizzare l'attività dopo la campagna Moro. È il primo segnale di una crisi che in breve tempo travolgerà le Brigate rosse. L'Esecutivo non condivide queste tesi e rende noto ai prigionieri il suo disaccordo. A ottobre, i prigionieri rispondono chiedendo le dimissioni dell'Esecutivo.
Tra il giugno del 1978 e la primavera del 1980 viene condotta una campagna contro gli apparati dell'antiterrorismo. In complesso, tra carabinieri e polizia, vengono colpiti mortalmente 12 militari di vario grado. A Genova: Antonio Esposito, il 21-6-1978; Vittorio Battaglini e Mario Tosa, il 21-11-1979; Antonino Casu ed Emanuele Tuttobene, il 25-1-1980. A Roma: Antonio Varisco, il 15-7-1979; Michele Granato, il 9-11-1979; Domenico Taverna, il 27-11-1979; Mariano Romiti, il 7-12-1979. A Milano: Antonio Cestari, Rocco Santoro, Michelle Tatulli, 1'8-1-1980.
Il 2 ottobre 1979 i brigatisti detenuti all'Asinara anunciano la loro intenzione di smantellare il carcere speciale. Dopo una notte di battaglia, con esplosivo, scontri a fuoco e lotte corpo a corpo, la struttura del carcere viene resa inagibile. Il 24 ottobre 1979, nel carcere speciale di Cuneo, si suicida Francesco Berardi, il militante irregolare delle BR denunciato da Guido Rossa. La colonna di Genova verrà dedicata al suo nome: Francesco Berardi "Cesare". Si conclude a Torino, nel mese di dicembre, l'appello del processone. I detenuti riassumono le loro tesi, già esposte nel documento di luglio, nel Comunicato n. 19.
Il 21 febbraio 1980 viene arrestato, a Torino, Patrizio Peci. Le modalità del suo arresto sono ancora oggi avvolte nel più fitto mistero. In seguito alla sua collaborazione con le forze dell'ordine, nei mesi successivi si susseguono in tutta l'Italia centinaia di arresti e, il 28 marzo, a Genova, anche in risposta alla campagna contro gli apparati dell'antiterrorismo, vengono uccisi dai carabinieri Annamaria Ludman, Lorenzo Betassa, Riccardo Dura e Piero Panciarelli. In ricordo di questi quattro compagni la colonna di Roma prende il nome "Colonna XXVIII Marzo" e la colonna veneta quello di Colonna "Annamaria Ludman «Cecilia»".
Nei primi mesi 1980 viene colpita la magistratura con due attentati mortali, a Roma: il 12 febbraio 1980 Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura; il 18 marzo 1980 Girolamo Minervini, in procinto di essere nominato direttore generale degli istituti di prevenzione e pena.
Il 12 maggio 1980, a Mestre, in relazione alla riunione dei capi di stato dei paesi più industrializzati, in programma per il mese di giugno, le BR intervengono colpendo mortalmente il dirigente della Digos Alfredo Albanese. Il 19 maggio 1980, con l'attentato mortale all'assessore regionale al Bilancio e alla Programmazione, Pino Amato, della DC, nasce ufficialmente la Colonna di Napoli. Il 5 agosto 1980, in provincia di Roma, si riunisce la Direzione strategica. Dopo la presa di posizione dei prigionieri del luglio 1979, la Colonna Walter Alasia chiede a sua volta le dimissioni dell'Esecutivo. Nodi fondamentali del dissidio sono la questione operaia ed il problema della liberazione dei prigionieri. Tali nodi verranno pubblicamente esposti nei documenti: Opuscolo n. 9, Grandi Fabbriche, nazionale, 1979. Opuscolo n. 9 bis, Fabbriche, Colonna Walter Alasia, Milano 1979.
La Direzione strategica delle Brigate Rosse elabora comunque una propria Risoluzione strategica (ottobre 1980). Alle prese con le loro contraddizioni interne, le BR non riescono a manifestare alcuna presenza nella reazione che tra ottobre e dicembre, la Fiat, sostenuta anche dai suoi quadri intermedi (manifestazione dei quarantamila), sviluppa contro le vertenze operaie, mettendo in cassa integrazione migliaia di operai e effettuando un centinaio di licenziamenti. Il 12 novembre del 1980 la Colonna Walter Alasia gestisce autonomamente una propria azione - attentato mortale al dirigente industriale Renato Briano - e con ciò, di fatto, si pone al di fuori del controllo politico dell'Esecutivo. Tentativi successivi di mediazione e composizione delle divergenze non hanno esito alcuno. Nel mese di dicembre, con l'Opuscolo n. 10, l'Esecutivo delle BR decreta ufficialmente la separazione organizzativa della Colonna Walter Alasia. Il 12 dicembre 1980, a Roma, con il rapimento del giudice Giovanni D'Urso, direttore dell'Ufficio III della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena del ministero della Giustizia, le Brigate Rosse chiedono la chiusura immediata dell'Asinara, che era stata tenuta aperta con pochissimi detenuti brigatisti, dopo lo smantellamento della rivolta del 2 novembre 1979. La campagna si sviluppa con l'attentato mortale al generale dei carabinieri Enrico Galvaligi (Roma, 31-12-80), responsabile del coordinamento delle misure di sicurezza nelle carceri speciali e ritenuto responsabile dell'assalto compiuto il 29 dicembre 1980 dal Gruppo d'Intervento Speciale (GIS) per riprendere il controllo del carcere di Trani in rivolta da due giorni. Il sequestro di Giovanni D'Urso si conclude il 15 gennaio 1981 con la liberazione del magistrato e la chiusura dei carcere speciale dell'Asinara. Con la campagna D'Urso e la sua gestione (Opuscolo n. 11, gennaio 1981) di fatto si conclude il percorso unitario delle Brigate Rosse. Gli opuscoli n. 12 e 13, tuttavia, esprimono ancora posizioni unitarie (ad eccezione delle BR-Walter Alasia) ed in particolare il secondo tenta di fissare le basi per una ripresa d'iniziativa sul terreno delle lotte operaie.
Nell'aprile 1981, i già precari equilibri tra le varie istanze e le diverse posizioni politiche all'interno delle BR precipitano. A Milano viene arrestato colui che era stato fino a quel momento il capo incontrastato delle BR, Mario Moretti. All'autonomizzazione delle BR-WA, che gestisce per proprio conto il sequestro dell'ingegnere dell'Alfa Romeo Sandrucci, fa seguito quella della Colonna di Napoli e del Fronte Carceri, che, insieme, gestiscono le campagne Cirillo e Peci, dando vita alle Brigate Rosse - Partito della Guerriglia che saranno guidate da Giovanni Senzani. Solo il sequestro dell'ingegnere Giuseppe Taliercio, direttore del Petrolchimico di Mestre (20 maggio - 5 luglio 1981), viene ancora rivendicata con la sigla BR. Ma anche nel Veneto, in seguito a divergenze sorte nella gestione dell'operazione, tra ottobre e novembre del 1981, alcuni militanti della colonna veneta escono dall'organizzazione e danno vita alla colonna "2 Agosto". Nell'agosto del 1981, per iniziativa della colonna di Roma, viene fatto un tentativo di ricomposizione delle contraddizioni esplose tra i vari spezzoni. Ma esso fallisce. Ad ottobre, si tiene a Milano una riunione della Direzione strategica. In essa viene impostata la campagna contro il generale USA James Lee Dozier e viene deciso, onde evitare conflitti sui diritti di primogenitura, di modificare anche la sigla. Al vertice di quello che rimane delle Brigate Rosse è ora una donna: Barbara Balzarani. Da questo momento le Brigate Rosse, intese come un'unica formazione armata, cessano formalmente di esistere. Accanto alle BR-Walter Alasia e alle BR-Partito Guerriglia si formano le BR-Per la Costruzione del Partito Comunista Combattente (BR-PCC) che continueranno la strada della lotta armata. Negli anni successivi alcuni detenuti delle BR, dopo aver esaurito in tempi più o meno brevi la loro esperienza in uno o nell'altro di questi raggruppamenti e non ritenendo di doversi dissociare, rimangono, pur senza una precisa definizione organizzativa, nell'area di dibattito generale delle BR. L'inizio del processo Moro-ter, nel 1986, consente loro di incontrarsi e confrontarsi.
Nel gennaio del 1987 una serie di "lettere aperte" firmate da diversi militanti, sanciscono la chiusura unitaria dell'esperienza storica delle BR e l'inizio di una battaglia di libertà finalizzata alla soluzione politica del conflitto degli anni '70, alla liberazione di tutti i prigionieri e al rientro degli esuli.