Dicembre 2002
14 Dicembre 2002
A Bologna aveva frequentato l'Università. Ed a Bologna era stato condannato nell'ambito di un processo contro Prima Linea, l'organizzazione terroristica parallela (e concorrente) alle Brigate Rosse. Ma, più precisamente, il passato eversivo di Michele Pegna, calabrese trapiantato nel nord da studente, era racchiuso nei cosiddetti "Colp", ossia i "Comunisti organizzati per la liberazione proletaria", gruppo che nacque da una filiazione da Prima Linea e che fu attivo soprattutto in Lombardia ed in Toscana. Quasi tre anni fa, il 15 gennaio 2000, Michele Pegna aveva finito di scontare le sue condanne che, complessivamente, gli erano valse 18 anni di carcere. Da oggi l'ex esponente dei "Colp" è nuovamente ricercato, dopo l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Roma, Maria Teresa Covatta, con l'accusa di banda armata e associazione sovversiva. In pratica, anche se non gli vengono contestati episodi specifici, come il coinvolgimento negli omicidi Biagi e D'Antona, Pegna è sospettato di essere uno dei quadri delle nuove Brigate Rosse. Un elemento di spicco delle fomazioni, o dell'ambiente, in cui quegli omicidi sono maturati. Come spiega un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare in cui il nome di Pegna viene accostato ai due attenati: "le indagini svolte nell'ambito più vasto degli omicidi D' Antona a Roma e Biagi a Bologna sono a tutt' oggi in corso anche al fine di accertare l'operatività e la composizione della formazione terroristica di cui si tratta, sì che è evidente il risvolto negativo che sul buon esito delle stesse potrebbe avere lo stato di libertà dell' indagato''. La posizione Pegna sarebbe legata a quella di Desdemona Lioce e Mario Galesi, ex esponenti dei Ncc (Nuclei comunisti combattenti) ricercati ufficialmente dallo scorso 31 ottobre. Secondo gli inquirenti, il passaggio alla nuova esperienza brigatista sarebbe maturato nel supercarcere di Trani, dove Pegna aveva scontato parte della sua pena. Lì sono infatti detenuti molti "irriducibili" delle Br-Pcc. Inizialmente, si era sparsa la notizia che la ricerca di Michele Pegna era legata ad un progetto di attentato che i nuovi brigatisti sarebbero stati sul punto di compiere. Notizia in parte rientrata, anche se - non è un mistero - gli inquirenti temono che dopo l'omicidio di Marco Biagi, le Br-Pcc non aspetteranno tre anni prima di tornare in azione. Ed anche per questo le attività sono frenetiche. Piuttosto, sembra che alla base del provvedimento, ci siano una serie di elementi che trovano riscontro in una circostanza non prIva di significato: nel gennaio 2000, una volta scarcerato, Pegna avrebbe dovuto presentarsi a Bologna, dove risiedeva il suo tutore, per adempiere ad alcuni obblighi giudiziario-burcoratici. Ma Pegna ha fatto perdere le sue tracce. Come gli altri ricercati. Perché? Gli inquirenti ipotizzano che sia entrato in latitanza. Del resto, una serie di elementi fanno sospettare oltre la sua "scomparsa". Uno di questi è la conoscenza che Pegna aveva di Bologna; l'altra è il suo avvicinamento in carcere alle posizioni degli "irriducibili" avvenuta durante la sua detenzione nel carcere di Trani. Ed, infine, un significato hanno anche i collegamenti politici che il vecchio gruppo di Pegna ha sembra avuto con Action Directe, i terroristi belgi e altri componenti di una sorta di "internazionale" dell'irriducibilismo, che per tutti gli anni Novanta (nella disattenzione generale) hanno discusso su come riorganizzare un progetto di lotta armata su scala europea. Periodo in cui gli ex brigatisti avevano lanciato la cosiddetta "fase di ricostruzione", culminata nel 1999 con il ritorno delle Br-Pcc e l'assassinio di Massimo D'Antona. Del resto, Pegna è sempre stato un "duro", anche a fine degli anni Ottanta. Basti ricordare che al processo di Bologna contro Prima Linea (detto Prima Linea-bis) tra i 43 imputati il nuovo presunto brigatista era l'unico "irriducibile". E lesse un documento assai interessante, soprattutto alla luce di ciò che è accaduto in seguito: "In questi anni i prigionieri comunisti di Action Directe stanno lottando contro il tentativo di annientamento dell'antagonismo proletario e rivoluzionario. La lotta dei compagni di Action Directe si allaccia alla lotta portata avanti dai compagni della Raf, delle cellule comuniste combattenti belghe e dai compagni spagnoli e noi, prigionieri della guerriglia italiana, esprimiamo la nostra solidarietà attiva alla lotta dei prigionieri della guerriglia in Europa occidentale come momento specifico della lotta complessiva alla borghesia imperialista". Come detto, proprio nell'ambito di questi rapporti è rinata, negli anni Novanta, l'ipotesi di riprendere la lotta armata. Una serie di contatti internazionali ha accompagnato la "fase di ricostruzione" delle Br-Pcc. La logica è quella sempre sostenuta dagli irriducibili delle Br-Pcc e, visto quel vecchio proclama, dallo stesso Pegna. Ora l'ex esponente dei "Colp" è ricercato. Un vecchio militante, cui forse il carcere ha reso ancora più stringenti le sue convinzioni sulla lotta armata. Vedremo. Al momento ci sono tre ordini di custodia cautelare verso tre "latitanti". È qualcosa. Ma troppo poco parlare di svolta nei casi D'Antona e Biagi.
17 Dicembre 2002:
Il br Pegna arrestato a Napoli Il brigatista era ricercato da giorni in tutta Italia. La Digos lo ha fermato a Napoli. La Procura di Roma aveva emesso un ordine di cattura nei suoi confronti. (di Gianni Cipriani) - Sapevano che era a Napoli, ed a Napoli lo hanno trovato e arrestato. Michele Pegna, l'ex militante dei "Colp" e di "Prima Linea", sospettato di essere entrato a far parte delle nuove Br-Pcc dopo la sua scarcerazione, è stato sorpreso dagli agenti delle Digos di Roma e Napoli in piazza Garibaldi, davanti alla stazione centrale, mentre stava entrando in una cabina telefonica. L'uomo è stato fermato e subito portato in questura. Da qualche giorno i poliziotti gli davano la caccia nel capoluogo partenopeo. Secondo alcune testimonianze e secondo alcune indicazioni raccolte tra gli informatori interni all'area della sinistra estrema, Michele Pegna aveva fatto di Napoli la sua base. Già in precedenza era stato notato insieme con una donna, mentre camminava con qualche difficoltà, tipica dell'andatura di chi ha una forte scoliosi. In un'altra occasione i pedinatori lo avevano perso di vista mentre il presunto brigatista passeggiava dentro un mercato. Ma tutte le indicazioni parlavano di Napoli. E così è stata preparata la rete. L'unica circostanza piuttosto singolare è rappresentata dal fatto che, nonostante il clamore per l'ordinanza di custodia cautelare che lo riguardava e il fatto stesso che, dai documenti depositati, risultava l'attenzione degli investigatori per Napoli, l'uomo non ha deciso di cambiare aria immediatamente, come avrebbe fatto un qualsiasi clandestino anche alle prime armi. Tuttavia non si può escludere che ci fossero problemi di carattere logistico, ovvero che la "rete" eversiva non è poi così diffusa, né è in grado di offrire coperture. Vedremo. Le indagini lo diranno. Quello che sembra certo è che gli inquirenti siano andati a colpo sicuro. Per essere un super-latitante, come è stato descritto, tra l'ordinanza di custodia cautelare e l'arresto è passato davvero poco tempo. Chissà se Pegna (che era un libero cittadino fino allo scorso 31 ottobre, contravvenendo solo ad alcuni obblighi post-carcerari) in realtà è sempre rimasto a Napoli e se le forze di polizia più o meno sapevano che l'uomo si aggirava da quelle parti, pur non potendo fare nulla perché l'ex militante di Prima Linea era a tutti gli effetti un libero cittadino. Le prossime ore saranno decisive per capire se l'arresto di Michele Pegna è davvero un colpo importante nella battaglia per assicurare alla giustizia i brigatisti autori degli omicidi Biagi e D'Antona, o se - al contrario - si è trattato di una delle tante piste investigative che hanno portato a poco o nulla, come quella (ad esempio) contro l'ex nappista-rapinatore Panizzari. Sarà importante l'esito degli interrogatori e capire quale sarà l'atteggiamento di Pegna. Se si presenterà o no come "prigioniero politico"; se rivendicherà, o no, la sua appartenenza alle Brigate Rosse. O se sceglierà un'altra strada, che potrebbe complicare tutto. Perché, in effetti, contro l'ex appartenente a Prima Linea di prove non ce ne sono. La stessa ordinanza di custodia cautelare, di fatto, si basa su prove logiche, come la sua "scomparsa" dopo la scarcerazione del gennaio 2000, il suo avvicinamento agli "irriducibili" delle Br-Pcc nel supercarcere di Trani e la lettura della corrispondenza con Paolo Dorigo, un altro brigatista detenuto. Ma se Pegna, per ipotesi, affermasse con tutte le sue forze di essersi ritirato a vita privata; di aver contravvenuto agli obblighi solo perché voleva cambiare vita; di aver trascorso questi tre anni lontano da tutto e da tutti, gli inquirenti riuscirebbero a dimostrare - prove alla mano - la sua appartenenza alle nuove Brigate Rosse? Non è detto. Ecco perché le prossime ore saranno decisive. Decisivi gli interrogatori, decisivi gli accertamenti sull'appartamento dove si nascondeva Pegna, sulle persone da lui frequentate. Decisivi, forse, anche alcuni rilievi tecnici, come impronte digitali e Dna, nel dubbio che Pegna abbia partecipato all'omicidio di Marco Biagi. Al momento, va detto con chiarezza, Pegna è solo un sospettato. Un presunto brigatista. Le prove contro di lui non sono, al momento, così schiaccianti. E forse sarà lo stesso Pegna, nelle prossime ore, a sciogliere i dubbi sulla sua figura.