Gennaio 2005
21 gennaio 2005 - MITROKHIN: GUZZANTI, ESISTE UN ALTRO DOSSIER E LO TROVEREMO
ANSA: MITROKHIN: GUZZANTI, ESISTE UN ALTRO DOSSIER E LO TROVEREMO
POTREBBE FAR LUCE SU CASO MORO.INCHIESTA FINO A FINE LEGISLATURA
"Credo, e ho mille indizi per dirlo, che esista un altro dossier Mitrokhin, quello vero, precedente a quello su cui abbiamo lavorato e che potrebbe fare luce sull' omicidio Moro": lo ha affermato, oggi a Torino, il presidente della Commissione parlamentare, Paolo Guzzanti.
"L' inchiesta - ha detto - continuera' fino a fine legislatura. Adesso ci dedicheremo a trovare il plico mancante del vero dossier Mitrokhin per avere la verita' sul caso Moro"."Lo scandalo Mitrokhin - ha aggiunto Guzzanti che sull' argomento ha partecipato a un dibattito nella sede di Forza Italia - ha due facce: uno e' lo scandalo in se', l' altro e' il silenzio stampa che e' stato imposto. La gente pensa che la commissione non esista piu' da tempo, che abbia terminato i lavori. Invece a dicembre e' stata soltanto approvata, dopo una battaglia parlamentare violentissima, la mia relazione di medio termine che chiude la prima parte di investigazione in cui si mettono inoppugnabilmente in lista tutte le violazioni della legge, dei regolamenti da parte del Sismi negli anni '95-'99 sotto i governi Dini, Prodi e D'Alema".
Guzzanti ha spiegato che l' inchiesta che parte adesso ha un altro obiettivo: trovare il nuovo dossier "della cui esistenza si hanno tracce nella relazione al parlamento inglese della commissione inglese che ha lavorato sullo scandalo Mitrokhin. Gli inglesi, prima del '95, mandarono in giro per il mondo, a diversi Paesi, un totale di 300 mila schede. Noi finora abbiano lavorato su 261 schede interattive che, pero', erano la parte finale, un' appendice minima di un corpo molto piu' grosso". L' impegno della commissione d' inchiesta e' di trovare la parte mancante. Secondo Guzzanti, il nuovo plico di documenti si trova in Inghilterra e gli inglesi - ha aggiunto - sono molto restii a darlo. "Ma prometto - ha concluso fiducioso - che il Parlamento della Repubblica italiana avra' le risposte alle domande che cercava sulla piu' spericolata operazione militare mai vista sul suolo della Repubblica qual e' stato il rapimento e il successivo assassinio di Aldo Moro".
21 gennaio 2005 - (AVANTI !) - RETROSCENA DELL'ASCESA DEL PROFESSORE
Il Kgb, lo spiritismo e la carriera di Prodi. Il sospetto del magistrato Carlo Mastelloni che dietro la soffiata a Romano Prodi sul covo di via Gradoli ci sia stato Giorgio Conforto, l'uomo del Pci che nel dossier Mitrokhin viene indicato come uno dei più autorevoli referenti in Italia del Kgb, potrebbe riaprire vecchie polemiche. Ma, soprattutto, se le indagini di Mastelloni andranno avanti, potrebbero consentire di capire perché, dal momento successivo al sequestro e uccisione del presidente della Dc Aldo Moro e dei carabinieri della scorta, cominciò una folgorante carriera politica e governativa per il Professore bolognese. Fu chiamato al governo, inaspettatamente, da Giulio Andreotti che gli affidò uno dei ministeri più importanti, quello dell'Industria. Andreotti, 19 anni dopo, in merito alla seduta spiritica su Gradoli - ispirata a dire di Prodi da La Pira e Don Sturzo - ebbe a riferire alla commissione Stragi: "Non ho mai creduto alla questione dello spiritismo, probabilmente è qualcuno di Autonomia operaia di Bologna che ha dato questa notizia". Dopo la prima esperienza al governo, la scalata al potere del Professore fu senza soste, protetto da Beniamino Andreatta, ma anche dall'ex ministro Giuseppe Medici e dai nuovi rapporti molto stretti che era riuscito ad avviare con l'Unione sovietica grazie al suo nuovo incarico di presidente dell'Iri. Con il Pci Prodi ebbe buoni rapporti tanto che perfino un attento ed esperto investigatore come Luciano Violante (nell'81 componente per il Pci della commissione sul caso Moro, presieduta dal deputato Dante Schietroma) si accontentò della sua ricostruzione di una ingenua e casuale seduta spiritica. Anche Bettino Craxi non credeva allo spiritismo di Prodi e qualche anno prima di morire scrisse: "In realtà questi spiriti santi erano ambienti legati strettamente all'organizzazione terroristica e da questi ambienti trapelarono a più riprese notizie e indicazioni. Io lo seppi anni dopo, ma non credo di essere io solo a saperlo". Ma di questo non soltanto Prodi non parlò nel '78 in pieno sequestro Moro e nell'81 davanti alla commissione parlamentare d'inchiesta, ma si è sempre rifiutato di farlo anche in occasioni successive.
20 gennaio 2005 - "GLADIO MILITARE": (L'Arena, di Giancarlo Beltrame) Le rivelazioni in un memoriale consegnato al quotidiano "L'Unione Sarda": " Lì ci insegnavano a diventare dei soppressori speciali". "A Verona il bunker dei Gladiatori". Uno dei "pianificatori" svela: "Addestrati per eliminare Lama e Berlinguer".
Verona di nuovo al centro di intrighi spionistici e di trame occulte. Pagine del passato che riemergono dalla pubblicazione sull' Unione Sarda di una serie di servizi firmati da Vito Fiori, con esplosive rivelazioni su una organizzazione segreta, una "Gladio Militare", ben diversa, più numerosa e meglio addestrata e dotata di armi e strutture logistiche, dalla "Stay Behind" che venne svelata all'inizio degli anni '90 e dei cui 622 membri facevano parte anche alcuni veronesi. Conosciuta, si fa per dire, con il nome in codice "Cosmos", questa megacentrale spionistica faceva capo direttamente alla Nato, che proprio a Verona aveva uno dei centri nevralgici con il comando Ftase, e operava all'insaputa dei vertici militari e politici italiani. Tra i suoi compiti c'erano anche le operazioni "sporche", che per essere potenzialmente efficaci dovevano essere studiate nei minimi particolari. Una di queste, ad esempio - stando alle rivelazioni dell'agente "Fantasmino", che ha consegnato un memoriale all' Unione Sarda -, era denominata "Demagnetize", ossia "smagnetizzazione". Un modo ironicamente macabro per indicare l'eliminazione fisica di 186 dirigenti politici e sindacali della sinistra, dal segretario del partito comunista italiano Enrico Berlinguer al segretario della Cgil Luciano Lama, dal leader del Movimento studentesco Mario Capanna all'attuale parlamentare dei Comunisti italiani Armando Cossutta, fino agli scissionisti del Manifesto Lucio Magri e Rossana Rossanda. Un colpo di pistola dietro l'orecchio e, in caso di necessità, ossia di invasione sovietica dell'Italia, Berlinguer sarebbe stato "smagnetizzato". Intanto, tanto lui che gli altri leader della sinistra, erano tenuti costantemente sotto controllo con intercettazioni, pedinamenti e persino perquisizioni dei loro bagagli al rientro dai viaggi a Mosca o nell'ex impero sovietico. Ma cosa c'entra Verona in questi scenari da spy-story e fantapolitica da Guerra Fredda? Stando al racconto di "Fantasmino" uno dei centri di addestramento, anzi, il più importante, si trovava proprio nella nostra provincia, in mega bunker sotterraneo ampio migliaia di metri quadrati, in cui gli "agenti segreti" venivano addestrati a tutto, dal colpire un bersaglio a centinaia di metri di distanza all'eliminazione a mani nude, dalle intercettazioni telefoniche e ambientali alla mimetizzazione nella vita di tutti i giorni. "Eravamo dei soppressori speciali, quanto meno studiavamo per esserlo", ha raccontato a Fiori il gladiatore "Fantasmino". "Operavamo nella massima segretezza, studiando metodi e sistemi di guerra convenzionale e non convenzionale". L'organizzazione aveva a disposizione 18 centri d'ascolto in tutta Italia, ed effettuava operazioni Sigint ed Echelon con Nsa, Nro e Cia, ossia i servizi segreti americani, per contrastare l'invasione dell'Italia da parte di truppe del Patto di Varsavia. E se essa fosse avvenuta, sarebbe stato utilizzato ogni mezzo per fermarla, compreso l'uso di armi atomiche e chimico-biologiche, la cosiddetta guerra Nbc (acronimo che sta per nucleare, biologico e chimico, ndr) , da usare prioritariamente nel Nord Est e in Calabria, individuate come le due aree da dove sarebbe partito l'attacco dei rossi. Se pensiamo che il Patto di Varsavia, dal canto suo, aveva ipotizzato di colpire con una bomba atomica Verona, considerata la testa del sistema difensivo della Nato in Italia, c'è da dire che non ci sarebbe stato di che stare allegri dalle nostre parti nel caso la Guerra Fredda fosse diventata calda. "Noi si era pronti a tutto", ha rivelato il gladiatore sardo, "ad avvelenare l'acqua, i cibi, a fare ogni cosa per disturbare e ritardare l'avanzata nemica. Il nostro compito era di debilitarli e sfiancarli con azioni di guerriglia, noi eravamo la migliore e unica forza speciale per la guerra non convenzionale". Ma i compiti della Cosmos non si fermavano qui. "Diciamo che tutto ciò che noi facevamo aveva un solo obiettivo: combattere il Patto di Varsavia, il comunismo e i comunisti, naturalmente in caso di conflitto", sostiene l'agente segreto che ha deciso di parlare. "Ci avevano addestrato e specializzato per intervenire su questo terreno. Abbiamo partecipato (faceva parte del progetto) all'eliminazione di decine di infiltrati di Kgb, Gru e Stasi (i servizi segreti militari dell'Urss e della Germania Est). Avevamo anche funzioni di "lavanderia", termine che nel nostro gergo significava uccidere chi aveva posizioni di contrasto e dissenso nei confronti della Nato", rivela ancora, riferendosi a un gruppo di agenti speciali, i "Blue Light", luce blu, che monitoravano costantemente il Pci e il suo vertice. "In caso di attacco sovietico, l'intera nomenclatura di sinistra, con in testa Berlinguer e Lama dovevano saltare. Un lungo elenco di personalità da spegnere era nelle mani dei "Blue Light", un nucleo di 150 militari statunitensi, super addestrati e assolutamente privi di qualsiasi scrupolo, che studiavano e si preparavano con noi, nelle basi logistiche di Miano, vicino Napoli, e Verona. Da loro avevamo appreso le tecniche per sopprimere, infiltrare e quant'altro. Erano, come dire, dei dormienti. Seguivano passo per passo i vertici comunisti, stando bene attenti a restare lontani dalle forze dell'ordine. Il loro fine era la destabilizzazione del Paese per ricondurlo a posizioni più filoamericane magari spostando l'elettorato con una serie di operazioni sporche da addebitare alle Brigate rosse. In realtà, si muovevano parallelamente alle Br ma erano molto più letali". Ma per lo stesso obiettivo operavano anche con la strategia della tensione sul fronte opposto del terrorismo, quello di estrema destra. E il pensiero corre inquieto ai processi milanesi che negli anni scorsi avevano cercato di dimostrare il coinvolgimento di agenti segreti americani di stanza a Verona nelle stragi di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia da parte di Ordine Nuovo. Se così fosse, ci si troverebbe di fronte a una medesima testa che cinicamente muoveva i propri burattini ora a destra ora a sinistra a seconda delle convenienze del momento. Il tutto sulla pelle dell'Italia e degli italiani.
- La novità: "I cecchini Blue Lights operarono in via Fani". Tra le rivelazioni di "Fantasmino", una riguarda il caso Moro. "Nessuno di noi ha mai creduto alle Brigate Rosse. Non erano all'altezza di mettere in atto un'operazione militare di tale livello. Più verosimile che alcuni snipers "Blue Light"", (cecchini del tipo di quelli che il gladiatore afferma di aver incontrato a Verona, ndr), "abbiano ucciso gli autisti e i carabinieri seduti di fianco nelle due auto sparando con armi ad altissima precisione da almeno tre-quattrocento metri di distanza. Erano capaci, come noi d'altronde, di colpire il bersaglio anche a ottocento metri. Quindi, hanno lasciato il campo al commando brigatista. Vorrei porre un quesito: perché non è mai stata resa nota la perizia balistica sulle armi usate in via Fani? Chi avrebbe dovuto dirlo non lo ha mai detto. Era meglio che non si sapesse. Le "Blue Light" dovevano continuare ad agire nell'ombra e l'Italia non poteva mettere in discussione nulla con la Nato. Far credere che le Brigate rosse avessero progettato, organizzato e messo in atto il sequestro e l'omicidio del leader politico, era più semplice e conveniente. Per tutti".
- L'adepto della "Stay Behind": "Di questi non so niente Noi servivamo la Patria". "Gladio? Pensavo fosse una cosa morta e sepolta". La risposta di Giuseppe Canestrari, uno dei 622 gladiatori di "Stay Behind", è secca. "E di questa Cosmos, questa Gladio Militare, non so proprio assolutamente nulla. Tutto ciò che avevo da dire sull'organizzazione di cui facevo parte, d'altronde, l'ho già detto a suo tempo". L'architetto Canestrari adesso ha sessant'anni, ma nell'inverno tra il 1990 e il 1991 si trovò nel bel mezzo della bufera scatenata dalle rivelazioni su una struttura clandestina, una rete pronta a opporsi all'invasione comunista. Un ruolo che rivendicò con orgoglio, "ho servito la Patria", in un'intervista all' Arena l'8 gennaio 1991. Il giorno prima, all'esterno del cimitero di Arbizzano, era stato recuperato il contenuto di uno dei "Nasco", i depositi segreti di armi e munizioni a disposizione delle cellule Gladio. Gli altri veronesi dell'elenco ufficiale di "Stay Behind", erano Guglielmo Avesani di Verona, Ferdinando Bacilieri di Verona, Luciano Cestaro di Villafranca, Gabriele De Santi di Verona, Gianfranco Gainelli di Bolca e Giampietro Mistrorigo di Verona. Ma all'epoca era comparso un altro elenco con molti più nomi.
- Interrogativi senza risposta: "Cos'è la Gladio delle Centurie?". Da alcuni anni l'ex parlamentare Falco Accame chiede chiarimenti. Dell'esistenza di una "Gladio Militare", definita la "Gladio delle Centurie", che operava all'estero con compiti interventistici (addestramento forze guerrigliere di liberazione) simili a quelli della Cia, ha parlato spesso Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa. "Mentre la Gladio civile (quella dei cosiddetti 622)", sostiene Accame, "è venuta alla luce dopo 50 anni e ora viene riabilitata, nulla è emerso circa la "Gladio Militare"". Accame, già parlamentare socialista ed espert o di questioni militari , nonch é studioso della vicenda Moro e presidente di un'associazione che tutela i familiari delle vittime militari cadute in servizio, ha scritto nei giorni scorsi al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e al presidente del Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti Enzo Bianco , per la vicenda del preallarme, 14 giorni prima di via Fani, che riguardò la " Gladio Militare " che venne attivata per arrivare alla "liberazione di Moro" che ancora doveva essere rapito. Un preallarme attivato attraverso un giro internazionale di "gladiatori", alcuni dei quali fecero poi una misteriosa fine. Accame solleva la questione a partire dalle rivelazioni di due "gladiatori militari", Antonino Arconte e Pierfrancesco Canceddu, detto "Franz" . Della struttura militare legata alla Gladio, ha parlato anche, confermandone l'esistenza, l'ammiraglio Fulvio Martini, per lunghi anni direttore del Sismi. Accame sollecita Bianco a indagare sulla esistenza di "un apparato segreto (forse ancora in atto) che ha operato all'estero anche armato (sul modello Cia) ma non conosciuto dai capi dello Stato italiano che per la Costituzione sono a capo delle forze armate del nostro Paese". Nella lettera inviata a Ciampi e per conoscenza ai familiari delle vittime di via Fani e al ministro della Giustizia, Accame segnala che i due gladiatori affermano di appartenere a una struttura diversa da quella conosciuta perch é resa nota in parlamento e composta da 622 civili: una Gladio che poteva contare anche su agenti armati operanti all'estero , anche per l'addestramento di formazioni di guerriglieri, e che ad esempio hanno partecipato al defenestramento del presidente Burghiba in Tunisia .
28 Gennaio 2005 (Misteri d'Italia.it) CASO MORO: IL COVO DI VIA GRADOLI BRUCIATO DALLA STASI?
Fu la STASI, il servizio segreto della Germania est, a rivelare, il 18 aprile 1978, l'esistenza del covo brigatista di via Gradoli durante il sequestro Moro, costringendo così il capo delle Brigate Rosse, Mario Moretti, a stringere i tempi per l'assassinio del presidente della DC? Questa la segnalazione che un agente di Gladio, Francesco Cangedda, avrebbe avuto proprio dal servizio segreto della ex DDR, che indicò Gradoli strasse, ossia proprio via Gradoli come la cabina di regia del sequestro di Aldo Moro. Sulla vicenda, Falco Accame, ex presidente della commissione Difesa della Camera e presidente dell'associazione delle vittime delle Forze Armate, si è rivolto al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, chiedendo chiarezza su due aspetti del caso Moro. Il primo riguarda l'ipotesi che qualche organo dello Stato - scrive Accame - in base ad un preavviso, avesse inviato a Beirut un agente (Antonino Arconte) con un ordine a 'distruzione immediata', datato 2 marzo 1978, cioè 14 giorni prima del sequestro. Si chiedeva ad un rappresentante dei servizi segreti a Beirut, il colonnello Stefano Giovannone, di intervenire presso l'OLP perchè a sua volta intervenisse presso le BR per la liberazione di Aldo Moro. I due agenti, che si definiscono gladiatori di una Gladio diversa da quella conosciuta, nel senso di quella resa nota in Parlamento composta di 622 civili), una Gladio che poteva contare - scrive ancora Accame - anche su agenti armati operanti all'estero, hanno con le loro affermazioni, indicato problematiche di rilevantissimo interesse. Nel caso i gladiatori affermino il falso - osserva ancora Accame - ritengo debbano rispondere di frode alla giustizia per ciò che hanno affermato. Vi è stato un interrogatorio da parte del ROS dei carabinieri fin dal novembre 2000, ma non ne conosciamo l'esito. Invece se quanto hanno affermato corrisponde al vero, ritengo che sulle vicende debba aprirsi una adeguata inchiesta, data anche la gravità delle conseguenze che si sono verificate. Per quanto riguarda la vicenda di via Gradoli e la famosa segnalazione che portò a bruciare la cabina di regia del sequestro Moro, il gladiatore che l'avrebbe raccolta da un funzionario della STASI, ha chiesto di essere ascoltato dalla commissione Mitrokhin.
28 gennaio 2005 (lettera a Dagospia.com)
Nel recente libro "La peggio gioventù", Valerio Morucci scrive: "Venire a sapere che c'erano altre forze che si muovevano 'dietro', che portavano avanti un proprio disegno che aveva fini più radicali di quelli ufficiali e, di conseguenza, usava mezzi più radicali, avrebbe fatto saltare il quadro. Avrebbe portato alla conclusione che c'erano due nemici. Che non sarebbe poi stato così grave, se non fosse stato che il secondo, quello 'dietro' - per quanto in alcuni punti intrecciato, anche se più con alcuni industriali che coi politici - giocava una partita diversa. A che punto sarebbero arrivate le BR? A dover riconoscere che, sì, la Dc era il nemico ma forse non l'unico? E che ne facevano di Moro? Visto che gli americani erano altri? Visto che il gap della doppia fedeltà, quella di governo e quella atlantica, dei nostri servizi, e di tutto l'apparato a quelli legato, li portava ad operare anche all'insaputa dei governi in carica? Troppo complicato. Lo Stato era troppo complicato. Saltava tutto." Sarebbe interessante avere dall'ex brigatista qualche precisazione in più, dal momento che i diversi accenni al 'dietro' fanno pensare a "Stay behind", ma quell'inciso "intrecciato, anche se più con alcuni industriali che coi politici" sembra indirizzare verso qualcos'altro. Nembokid