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Roberto bartali.it

Febbraio 2005

2 Febbraio 2005 (Il Messaggero) - Patto segreto tra terroristi interni, arabi e servizi deviati Il senatore Imposimato a Pescara: dietro le ultime gesta delle vecchie Br c'era la «firma» di Osama Bin Laden

PESCARA - E' successo, può accadere di nuovo. E' successo nel 1978, sequestro Moro, nel 1984, assassinio del generale americano Leamon Hunt. E' il cortociruito tra terrorismo interno e internazionale il periclo numero uno secondo il senatore Ferdinando Imposimato, ex giudice istruttore del processo Moro e di alcuni tra i più grandi misteri dell'Italia Repubblicana, dall'omicidio Bachelet all'attentato al papa, al seqeustro Dozier. Un processo nel quale, da sempre, si rintraccia l'impronta di servizi segreti più o meno deviati. Imposimato ha parlato a Pescara, l'altra sera, in una conferenza sui misteri del caso Moro organizzata dai tre club Rotary della città e dal Lions club Ennio Flaiano.
«Nelle sentenze e negli atti dei processi c'è scritto molto - ha detto il giudice Imposimato -, tuttavia è ancora fitta la cortina di mistero che avvolge il caso Moro e gli ultimi anni di attività delle vecchie Br. Dal ruolo della centrale Hiperion, la falsa scuola interpreti di Parigi che fungeva da paravento per i traffici dei servizi segreti sovietici, alla doppia rivendicazione del delitto Hunt: una delle Br, una degli Ezbollah allora legati a Osama bin Laden. Sotto lo schermo di Hperion, uomini del Kgb arrivarno in Italia il giorno in cui fu firmato il contratto di affitto del covo di via Montalcino e ripartiron subito dopo il 9 maggio del '78, data dell'uccisione di Moro». Nel teorema raccotato da Imposimato, la direzione esterna delle Brigate rosse viene ricondotta a un patto perverso tra Kgb, Mossad e servizi di paesi mediorentali: «C'era la ragione di una convergenza di interessi - spiega l'ex magistrato -. L'Unione sovietica voleva colpire Berlinguer, l'uomo del compromesso storico che avrebbe accelerato lo strappo da Mosca dei partiti comunisti occidentali; Israele voleva colpire la politica filoaraba di Moro e della Dc; con le centrali mediorientali, invece, i rapporti legati alla fornitura di armi sono più antichi e consolidati». In questo scenario di connivenze matura probabilmente l'attentato al generale della Nato Leamon Hunt, ammazzato nell'84 a Roma, dove era appena sbarcato dal Libano. E' una platea nutrita, qualificata e attentissima quella che ascolta le rivelazioni e i ragionamenti del senatore Imposimato, arrivato a Pescara su invito del presidente del Rotary club Michele Serra. Un viaggio tra misteri fitti e lontani che suggerisce chiavi di lettura per molti dei problemi di oggi: «Le nuove Br - dice il senatore - hanno confermato l'ascendente di Al Qaeda sul terrorismo di casa nostra. Lo dimostrano le rivendicazioni dei deliti D'Antona e Biagi, ma anche le dichiarazioni di Nadia Desdemona Lioce al processo». Se questo è vero, appare verosimile anche l'interesse di Israele ad estendere su scala planetaria la contrapposizione con il mondo arabo e quello di Al Qaeda a radicalizzare lo scontro tra civiltà. E' successo e può accadere di nuovo, ammonisce il senatore. Anche per colpa dei troppi muri di gomma che, da sempre, avvolgono i misteri d'Italia. freccia rossa che punta in alto

20 febbraio 2005 (Corriere della Sera) - Il Pci e il '77: in fabbrica noi troppo deboli con le Br (di Giovanni Bianconi)
L'allarme terrorismo di Pecchioli nei verbali delle riunioni riservate a Botteghe Oscure

ROMA - Evidentemente c'era chi ancora ne dubitava, e dunque Ugo Pecchioli sentì il bisogno di dirlo a chiare lettere: «Non vi sia equivoco sulla natura del terrorismo. Esiste un terrorismo di sinistra diverso dal terrorismo fascista. Da una superficiale analogia deriverebbero conseguenze pratiche sbagliate. Sono oggettivamente analoghe le finalità, anche se vi sono distinzioni da fare. Inoltre, è da evitare la tesi fuorviante che sempre e comunque ci sia dietro la macchina dello Stato». Era il 24 novembre 1977, l'eversione nata e cresciuta a sinistra del Partito comunista italiano aveva già mietuto le prime vittime. Le Brigate rosse stavano preparando il definitivo salto di qualità, l'«attacco al cuore dello Stato», alla fine di un anno che aveva visto proliferare come mai prima la cosiddetta «violenza diffusa», fatta di mille fuochi e mille sigle. A via delle Botteghe oscure, il «ministro dell'Interno» del Pci convocò i responsabili delle federazioni di Torino, Milano, Genova, Roma, Napoli e Reggio Calabria. Città colpite dal terrorismo e città operaie. Perché proprio nelle fabbriche, avvertiva il senatore comunista scomparso nel 1996, si annidava uno dei principali pericoli. Anche per la tenuta del partito. «Elemento di novità - spiegò Pecchioli, secondo quanto riportato nel verbale "riservato" della riunione - è la consistenza non indifferente delle organizzazioni terroristiche tra la classe operaia. Non si tratta soltanto dell'operaio disgregato, ma di quadri intermedi e superiori. Quali possono essere gli sviluppi e la strategia? Vi sarà una escalation verso gravi sbocchi se la risposta è debole». Otto giorni prima, a Torino, le Br avevano avevano colpito a morte il vicedirettore de La Stampa Carlo Casalegno; e l'indomani, a Genova, avevano «gambizzato" Carlo Castellano, dirigente dell'Ansaldo e iscritto al Pci. Quattro mesi più tardi, a Roma, rapiranno Aldo Moro. «La progressione terroristica - disse ancora il responsabile comunista per i problemi dello Stato - punta a disarticolare il rapporto classe operaia-democrazia, spingendo all'abbandono del terreno democratico e allo sviluppo di manovre scissionistiche all'interno del movimento operaio. Il sindacato è un punto delicato. E' assolutamente inadeguato il modo di operare del quadri comunisti del sindacato».
L'inedito resoconto della riunione «sui problemi dell'ordine pubblico alla luce dei recenti avvenimenti» compare tra le carte custodite nel «fondo Pecchioli», ora allo studio di Ermanno Taviani, ricercatore all'università di Catania e autore di altri lavori sulla storia del Pci e dell'Italia repubblicana, per conto dell'Istituto Gramsci. Ne viene fuori un quadro allarmato e allarmante che spinge l'uomo che nel Pci ha la responsabilità dell'antiterrorismo all'invito ad alzare la guardia, nelle fabbriche e non solo. E a mettere da parte i tradizionali sospetti verso le forze di polizia, della sicurezza e della magistratura: «Nella collaborazione con le istituzioni dello Stato ci sono certo pericoli da cui guardarsi. I contatti devono essere ben governati. Ma il pericolo è soprattutto l'altro: quello che si continui a considerare con ostilità le forze dell'ordine. Rettificare queste posizioni significa anche spingere avanti i processi di rinnovamento interni a questi corpi». Ma il problema che più attanaglia il «ministro dell'Interno» di Botteghe oscure resta quello dell'infiltrazione delle formazioni armate tra gli operai. «Deve preoccuparci - sostiene in apertura dell'incontro - la presenza di nuclei di terroristi e gruppi di sostegno anche in alcune fabbriche e aziende (a Torino, Milano, Genova, Roma). Attentati a capi e tecnici sono il frutto di segnalazioni "interne"; c'è l'estensione della fascia di solidarietà (organizzativa e informativa, stampa legale, sostegno, basi logistiche, eccetera)». L'aria cupa che si respira nel Paese sul finire di quel '77 aspro e violento sembra pesare su tutti gli interventi seguiti all'introduzione di Pecchioli. Il rappresentante della Lombardia, Borghini, spiega le «debolezze» che si registrano nel sindacato: «Resistenza Cisl, Uilm (i metalmeccanici della Uil, ndr ) e prese di posizione. per l'agente Custrà (il poliziotto ucciso a Milano il 14 maggio '77, ndr ) non è stato possibile né appello né sciopero di un quarto d'ora: ottenuto soltanto il non boicottaggio della partecipazione ai funerali. Per il processo respinta la decisione di presidiare la Camera del lavoro. Per le aggressioni al comizio di Lama (la "cacciata" dall'università di Roma, ndr ) c'è stata divisione: la Cisl ha ambiguamente sostenuto il diritto al dissenso e presentato i fatti come scontro tra il servizio d'ordine del Pci e quello degli estremisti». Il compagno Dondè, della federazione milanese, spiega che qualche problema c'è pure nella Cgil: «Non è ancora ben chiaro che il terrorismo è un'arma contro la classe operaia. La nostra iniziativa non è adeguata all'escalation in atto. Pesa l'orientamento spesso negativo dei socialisti; alla Siemens non è stato possibile espellere dalla Cgil due personaggi coinvolti in provocazioni». Il genovese Bisso sostiene invece che «come dato politico generale è positiva la capacità complessiva di risposta. Tuttavia emerge qualche elemento di usura nella risposta operaia rispetto alla gravità dell'attacco, al fatto che ormai sono in grado di portare l'attacco ad alto livello... Occorre una considerazione più puntuale su come le Br cercano di collegarsi con un'area politica che va oltre i gruppi, gli autonomi, le zone di ambiguità sindacale». Pecchioli aveva puntato il dito anche sul più generale «movimento estremista», fino all'Autonomia operaia che a settembre s'era riunita nel convegno di Bologna. Dopo di allora, spiega, «c'è stato qualche fatto nuovo, ma non ha inciso sui gruppi dell'autonomia organizzata che forniscono al terrorismo copertura, nuovi adepti, ecc. Inoltre resta l'ambiguità dei "compagni che sbagliano"». Ed ecco ancora la segnalazione del punto critico: «Nel grado di mobilitazione democratica e dell'impegno del partito si manifesta qualche segno di debolezza. Presenze equivoche e zone di tolleranza nel sindacato, con fatica ad assumere posizioni nette dopo fatti terroristici». Segue la linea: «Ristabilire clima di rigorosa coerenza in tutto il comportamento. Non illudersi sulla durata del fenomeno terroristico, possibile una ulteriore escalation rivolta contro il partito (anche di marca fascista)». Alla fine, Pecchioli torna proprio su questo punto: «Aver presente la possibilità di attacco al Pci... Tanto più se si va a uno sviluppo del quadro politico complessivo che veda l'avvicinamento del Pci al governo... dare sviluppo all'iniziativa di massa unitaria. Ci sia il massimo impegno delle forze politiche, ma far pesare di più le istituzioni democratiche. Evitare ogni ritualità. Le iniziative devono avere una preparazione e un seguito di massa. Occorre arrivare a milioni». freccia rossa che punta in alto

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